Icefish – Human Hardware

Forest
2017
Full Lenght
Prog Metal

Gli Icefish sono la creatura di Alex Argento, Marco Sfogli e Virgil Donati. Un nuovo progetto prog metal la cui genesi parte dalla collaborazione degli stessi Argento e Sfogli al solo album di Virgil Donati (“Is This Life” – 2013), con l’idea di andare oltre il semplice progetto strumentale e creare una band vera e propria, con uno stile marcatamente prog metal ma con brani più “lineari” e diretti. Dopo aver coinvolto il bassista e cantante Andrea Casali, il gruppo ha lanciato una campagna di crowfounding sulla piattaforma PledgeMusic per finanziare il progetto e dopo un anno di intenso lavoro ci presentano il loro debutto “Human Hardware”.

Un album che sembra centrare l’obiettivo prefissato dagli Icefish, e che ci consegna 9 brani dalla durata relativamente contenuta (almeno per i canoni prog) e strutturate sulla classica forma strofa/chorus/bridge. Le vocals sono lineari, con melodie accattivanti ma non per questo banali, che rendono piacevole l’ascolto di un album comunque caratterizzato da un altissimo tasso tecnico.

I suoni sono moderni, dall’impronta hi-gain, con qualche contaminazione djent a livello di ritmiche ma lontano dalla freddezza esecutiva del genere. Quello che sorprende è come gli Icefish, nonostante siano al debutto, abbiano già plasmato una propria identità, un’impronta musicale ben definita che accomuna ognuna delle nove tracce di “Human Hardware” dove si fa difficoltà a trovare dei passaggi a vuoto.
Merito anche dei setup di Alex Argento e Marco Sfogli che coprono un’ampia gamma di suoni, dalle sonorità del prog metal moderno a quelle più sperimentali, dando vita ad un indovinato incastro di note dissonanti ed armonie inedite, e garantendo tante variazioni all’interno di ogni brano.

Parlando della sezione ritmica, il lavoro del duo Donati/Casali è incessante e garantisce una bella dose di groove ai brani. Il batterista australiano regala una performance davvero impressionate (ricodiamo che ha raggiunto la bellezza di 60 primavere), pestando con cattiveria negli up tempo e rivoltando i classici 4/4 in un complicato gioco di accenti, con un’esecuzione ricca di fillers dove un raffinato utilizzo di piatti e charleston colora di sfumature jazz i passaggi più complessi.

L’album si apre con “Paralyzed”, traccia introdotta da un riff portante di tastiera ed supportata da una ritmica raffinata ma ricca di groove, si apprezza per un chorus indovinato che dopo pochi ascolti si piazza nella testa dell’ascoltatore. Merito anche delle capacità vocali del bassista Andrea Casali, dotato di una timbrica che spazia con naturalezza dalle classiche melodie prog al modern rock più graffiante. “Paralyzed” è un brano ben riuscito che condensa in soli 5 minuti perizia tecnica, suoni moderni, melodie accattivanti ma senza induggiare nelle parti soliste.

Sulle stesse coordinate si muove la successiva “It Begins”, ancora una volta con una lineea vocale orecchiabile, ed un magistrale Virgil Donati nei primi minuti di un brano, che seppur apparentemente lineare nel suo incedere, è ricco di tante sfumature sonore. La title track si caratterizza per il chorus vincente ed è forse il brano più diretto dell’album, si muove su ipnotico giro di tastiera e tempi in levare.

“5 Years” vira verso sonorità djent, con suoni più cattivi e compressi nel riffing, dove l’utilizzo di dissonanze armoniche crea un’atmosfera oscura a cui si contrappone nella parte centrale, l’assolo carico di melodia di Sfogli. “Revolution” così come la successiva “Solitude” ci mostra il lato sperimentale degli Icefish. I passaggi sono più complessi sia a livello ritmico che nelle frasi soliste, con la costante ricerca di nuove sonorità volte a costruire strutture melodiche meno immediate ma sempre funzionali alla fruibilità del brano. A livello personale “Solitudine” è la traccia migliore e che sintetizza l’anima musicale degli Icefish.

La veloce e dissonante “Your Eyes” torna a battere i sentieri del djent, con up-tempo tirati alternati a momenti più slow nelle parti cantante, si fa apprezzare per i passaggi solisti dove Argento e Sfogli mostrano tutto il loro talento. Con “Lost” le atmosfere virano verso il prog più classico, con Andrea Casali che mostra tutte le sue doti vocali con un’intepretazione ricca di pathos. A livello strumentale, il brano è concepito su una struttura in crescendo sul quale sviluppare la linea vocale.

Conclude l’album il prog rock di “The Pieces”, una canzone che molte band vorrebbero nel proprio repertorio. Tanta melodia nelle vocals, vicina ai migliori canoni dell’AOR, con un chorus vincente ed un break strumentale con il tipico duetto chitarra/tastiera con qualche reminescenza dei migliori Dream Theater.

Giunti alla fine possiamo affermare che la dote princiape di “Human Hardware” è la coesione dei suoi interpreti, concentrati più sulla costruzione del brano che ad esaltare le proprie individualità. Una qualità non sempre riscontrabile in un disco di questo tipo, dove spesso il lavoro dei singoli è cosi proponderante da far passare in secondo piano le canzoni. Fortunamente non è il caso degli Icefish, che ci regalano uno dei migliori album di questo inizio anno, che attesta il prog come un genere in continua mutazione, capace di ricercare nuovi sentieri musicali e di sorprenderci ancora. Benvenuti Icefish!

Tracklist:

01. Paralyzed
02. It Begins
03. Human Hardware
04. 5 Years
05. Revolution
06. Solitude
07. Your Eyes
08. Lost
09. The Pieces


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